top of page
Immagine del redattoreMichela Salati

Tour virtuale del Museo dell'Acropoli di Atene. Tra teneri ricordi e insulti.



Uso questa storia Instagram della mia amica Costanza, rimasta in evidenza nel suo profilo dopo anni, chiaro sintomo del trauma vissuto, per raccontarvi della nostra vacanza in Grecia.

                                                

Aprile 2019. Due classi quinte in viaggio verso una meta parecchio agognata.

Per quattro anni noi alunni del liceo classico avevamo seguito a distanza le avventure dei nostri compagni più grandi e sognato quando sarebbe arrivato il giorno in cui, ormai prossimi alla maturità e alla fine della scuola, sarebbe giunto anche il nostro turno di visitarla.


Pieni di adrenalina, in viaggio verso l’aeroporto di Roma Fiumicino non immaginavamo che di lì a poco saremmo stati catapultati in un contesto che, anche a distanza di tempo, continuo ad associare al libro “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie. Noi poveri studenti siamo caduti vittime non di uccisioni creative, ma di un virus che, uno dopo l’altro, ci ha messi fuori combattimento. Nel guardarci con compassione ci chiedevamo chi sarebbe stato il prossimo a vomitare.              

Comunque, tra un malessere e l’altro, non sono mancate le mangiate di pita gyros, la danza del sirtaki, i canti a squarciagola in pullman (per la gioia dell’autista), ma soprattutto le visite a siti e musei.          


Per tanto tempo le pagine dei libri e le voci dei professori ci avevano restituito le storie di luoghi che ora potevamo ammirare sotto ai nostri occhi.                                    

Tutto ciò che avevamo studiato e che agitava le nostre menti nelle notti precedenti a interrogazioni o verifiche, era diventato finalmente tangibile.                                                                  

Ammirando i resti del Teatro di Epidauro non è stato difficile immedesimarsi negli spettatori di tempi remoti, che proprio lì vedevano in scena storie di eroi, dei, di guerre e amori. A Micene la Porta dei Leoni ci ha dato accesso non solo ai resti della città, ma anche alla mitologia, alle storie del re Agamennone, alla sua tomba, ancora vigilata da uno sciame di api di tutto rispetto. Nel sito archeologico di Delfi, sede dell’oracolo di Apollo, alcuni di noi si sono chiesti se la pestilenza che ci affliggeva fosse da imputarsi alle troppe versioni copiate.

      

Ironia a parte, uno dei luoghi che mi è rimasto nel cuore è il Museo dell’Acropoli di Atene.                       

Risalgono al 1834 i primi sforzi per raccogliere, preservare e proteggere le antichità sparse sulla Rocca. Dopo alcuni tentativi, succedutisi negli anni, il nuovo Museo è stato costruito sul lato sud, ad una distanza di 300 metri dai suoi monumenti e aperto nel 2009.


Ricordandomi non solo delle urla rivolte dagli addetti della sicurezza ai miei compagni, ma anche della bellezza che pervadeva i nostri sensi durante la visita, ho voluto provare l’ebrezza di fare un salto nel passato e tornare a visitarlo.

Come? Virtualmente.                                                                                  

Tra le recensioni dei visitatori trovate sul sito ufficiale ho riscoperto pensieri e sensazioni vissute anche dalla me di qualche anno fa.                                  

Piccolo appunto, non venite con la gonna: qualcuno lamenta che a causa dei pavimenti trasparenti potreste essere guardati dal piano inferiore con tanto interesse quanto quello rivolto verso le opere d’arte presenti.

Sempre nel sito, oltre a informazioni sulla storia del museo, del suo edificio, delle collezioni, ho trovato una sezione dedicata al tour virtuale delle sue sale. (https://www.theacropolismuseum.gr/en/multimedia/virtual-tour-gallery-acropolis-slopes).


Spinta dalla curiosità inizio la mia visita.                                                                                           


Con la freccetta del mouse mi muovo nella prima area del piano 0. Tento di avvicinarmi alla teca contente dei vasi. Cerco di leggere sul pannello di fianco la descrizione delle opere, ma oltre ad essere in greco mi appare molto sfocata. Non mi arrendo e vado sempre più vicino. Sbaglio a cliccare e rimbalzo su una colonna. Pazienza, mi dico, conoscendomi potrebbe succedermi anche dal vivo. Procedo.   


Salire le scale è più facile del previsto. Dinnanzi a me un cavallo steso a terra dolorante. È morto? È un leone? Neanche qui riesco a leggere un testo che possa confermare o smentire le mie teorie. Di fianco alla bestia non identificata, alla mia sinistra, una scimmia aggrappata ad un albero. Forse neanche in questo caso l’interpretazione è corretta, ma vado avanti.



Anzi, vorrei andare avanti, perché la freccia non collabora più. Sbaglio io o è il sito ad avere problemi? Comunque sia nella stanza successiva non riesco ad accedere e dopo qualche tentativo ed insulto cambio piano. Lì non va meglio. Dopo aver visto la statua di un uomo su un cavalluccio marino gigante, il resto posso solo zoomarlo da lontano, senza riuscire ad avvicinarmi.


Mi muovo tra le lunghe sale del terzo piano. Suggestive, certo, se non fosse che ci sono statue che mi piacerebbe ammirare frontalmente, che invece riesco a vedere solo di spalle. Presa dalla frustrazione le mie dita aprono quasi in automatico un’altra scheda e digitano sulla tastiera: Pisa Atene voli.                                                                              


Alla prima occasione parto. Ricordatemi i pantaloni.

54 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comentarios


bottom of page